Alessandro Stronati
S C U L T U R E S U T E L A
OPERE
Tutte le opere sono costruite, sin dalla tela stessa, interamente dall’artista, inglobando anche il processo di costruzione e non solo quello di creazione, nel messaggio artistico. Infatti, essendo costruite manualmente le tele conferiscono un tocco di fragilità alle opere, che, non essendo state fabbricate da una macchina lasciano spazio alle imperfezioni e agli errori umani che, dopotutto, fanno parte della vita. È nell’intenzione dell’artista dunque sottolineare come, oggi giorno, in un mondo sempre più virtuale, digitale, modificabile e quindi potenzialmente “perfetto” per la fragilità ci sia spazio di accettazione solo nell’arte.
CARELESS BREATH
Novembre 2017
180 x 180 cm
Courtesy: L’artista
Stucco, vernice bianca, led
Careless breath attraverso il gioco di luci, metafore e immagini esprime la noncuranza attanagliante che pervade le relazioni umane. L’apparente ingenuità della figura nasconde in realtà un significato più profondo che viene svelato allo spettatore solo alla fine del suo “viaggio” all’interno del quadro. Non appena illuminato il quadro infatti, la forma ambigua di un imponente albero spoglio si staglia la centro dell’enorme tela bianca svelando, solo allo spettatore più attento, che non si tratta di un semplice albero ma di un albero respiratorio composto di bronchi e bronchioli, su cui, nell’angolo in basso a sinistra, si dondola con leggerezza una fanciulla dai lunghi capelli sciolti rappresentante l’incuranza nei confronti della vita, degli interessi e delle passioni degli altri quando le persone si prendono la libertà di, metaforicamente, dondolarsi spensieratamente sugli organi vitali di altri. Ed è proprio dall’ingenuità della ragazza che prende ispirazione l’immagine raffigurata, come se la mente della giovane si sia impossessata dell’intero dipinto, trascinando nel suo limbo anche tutto quello che la circonda. Il messaggio è doppiamente potente poiché rende partecipe anche l’osservatore, trasformandolo in un argomento a favore della tesi dell’artista, premiando coloro che prestano sufficiente attenzione con la profondità del quadro riversando invece all’osservatori più distratti solo un paesaggio sereno, semplice, per l’appunto ingenuo, composto solo da un albero e una donna che si dondola su una qualunque altalena.
WE COME IN PEACE
Novembre 2017
180 cm x 180 cm
Courtesy: L’artista
Gesso, stucco, led
Il filo sotteso che lega le diverse opere ricade nel sentimento, amareggiato seppur ancora speranzoso, nei confronti dei più comuni comportamenti umani. L’artista con questo quadro infatti, vuole confutare la tipica frase “veniamo al mondo piangendo”, spesso usata come scusa per giustificare un atteggiamento pessimistico finendo col rinnegare ogni sforzo per raggiungere un sereno vivere. Tuttavia, come dimostra la scienza in realtà nei primi stadi embrionali, quando veniamo realmente al mondo, come feti, è molto più probabile trovarsi in uno stato di pace e conforto. Il gioco di parole nel titolo, anch’esso legato a una frase fatta, vuole, con ironia, suggerirci come ogni luogo comune può in realtà essere piegato per raggiungere scopi e significati diversi, con un po’ di buona volontà. È proprio in questo che scorgiamo nella gentile critica dell’artista la speranza di poter rendere consapevoli le persone, tramite le sue opere, come in un’epifania artistica, dei comportamenti poco virtuosi tipici della sua generazione.
WHITE SHADOW
Ottobre 2017
240 x 120cm
Courtesy: L’artista
Stucco, gesso, led, vernice bianca
Un imponente gigante bianco, questa l’impressione che si ha trovandosi di fronte a White Shadow, un’ombra bianca, ma l’ombra di chi, ci porta a chiederci l’artista? In piedi, di fronte alla tela ci si sente impercettibilmente destabilizzati, confusi, come di fronte a uno specchio nel quale, però, non ci si riconosce. Anonimo e sconosciuto, il riflesso di crepe con cui tuttavia ci si sente irrimediabilmente legati, prende vita, una volta illuminato, come una sorta di sistema circolatorio fittizio che si irradia dal cuore di luce che sembra quasi uscire dalla tela. La sagoma dell’uomo sulla tela, apparentemente sproporzionata, è in realtà il calco in dimensioni reali di un uomo di media statura che, per via della tecnica di costruzione della tela e il metodo studiato con cui sono stati appesi i quadri, riesce a tramettere all’osservatore questo senso di smarrimento e inadeguatezza provato di fronte a qualcosa che conosciamo e riconosciamo (una figura umana) ma che tuttavia ci sembra incredibilmente diverso da noi. E la stessa sensazione provata di fronte al quadro, ci riporta a quella provata tutti i giorni, nella vita quotidiana, di fronte ai nostri pari.
QUESTA È LA MIA NOSTALGIA CHE IN OGNUNO MI TRASPARE
Novembre 2017
310 x 70cm
Courtesy: L’artista
Stucco, gesso, led, vernice nera
Se sembra un ECG è perché lo è, e nello specifico è quello dell’artista. In questo quadro scienza e poesia si fondono nuovamente, combinando l’ECG con la reinterpretazione personale della poesia Ai fiumi di Ungaretti. Proprio come lo scrittore, infatti, Stronati ripercorre lungo lo skyline la sua memoria filo-genetica, ricapitolando la propria esistenza e origine. Illuminati all’orizzonte dell’EGC infatti, si possono scorgere le celebri sagome di palazzi e monumenti iconici delle città in cui l’artista ha vissuto la sua infanzia e adolescenza. Proprio come I Fiumi il quadro rappresenta un’autobiografia, scandita dalle immagini delle diverse città, cui sono legati diversi ricordi, passati e personalità. Ricalcate lungo l’ECG però, queste città si susseguono l’una all’altra senza interruzioni, in cui, esattamente come nell’ECG originale dell’artista, si alternano picchi e momenti di calma ma in cui non c’è mai spazio per interruzioni, cedimenti o indecisioni perché anche in un sussulto, nel saltare un battito il cuore continua a battere, autonomamente, senza fermarsi, più forte di te e della tua paura.
ξένιον προτυχόν (il primo dono che ti viene posto nelle mani)
Ottobre 2017
260 x 140 cm
Courtesy: L’artista
Stucco, gesso acrilico, led, vernice bianca
Intenzione: riprodurre su tela la stessa creazione di Adamo, di Michelangelo, ossia il dono della vita all’uomo che viene accettato, ma non compreso e inteso allo stesso modo da chi lo dona e da chi lo riceve. Le mani, dipinte di stucco, in contrasto con lo sfondo di vernice, creano un basso rilievo evidenziando le differenze tra le due sostanze come a simboleggiare la differenza tra i due mondi, del creato e del creatore. Il secondo mondo è umanamente irraggiungibile se non attraverso le arti, le sensazioni e l’immaginazione di animi più sensibili. Infatti, grazie alle crepe nelle mani, attraverso cui filtra la luce, l’opera diviene empaticamente più comprensibile mostrando simbolicamente quando sia fragile e pieno di incongruenze il rapporto fra chi dona e chi riceve.
MANIFESTO TECNICO
Novembre 2017
180 x 270 cm
Courtesy: L’artista
Stucco, vernice, gesso, led
Il Manifesto tecnico è stato pensato e creato per evidenziare le potenzialità delle metodologie tecniche utilizzate. Innanzitutto la materia prima, lo stucco, che viene versato su tela, tagliato, dipinto e poi crepato naturalmente e artificialmente. Poi gli attrezzi, pennelli e spatole di varia misura, aste metalliche e soprattutto, le mani nude. Le diverse modalità vengono scelte in base soprattutto all’effetto che si desidera ottenere dalla luce e al tipo di soggetto che s’intende rappresentare. L’uso congiunto di più materiali infatti è necessario alla profondità dell’opera. Infatti, vernice e gesso vengono usati per gli sfondi, i contorni e i dettagli che necessitano di una maggiore trasparenza. Questi materiali evidenziano, una volta retroilluminato il quadro, ogni pennellata, rivelandoci quale strumento sia stato usato per ogni parte dell’opera. Queste peculiarità, presenti in ogni opera, che possono sembrare irrilevanti o addirittura errori di esecuzione in realtà ci comunicano qualcosa di importantissimo poiché, se osservati attentamente, ci mostrano tutti gli spostamenti dell’artista sulla tela durante il processo di creazione.
Pensata inizialmente solo come comunicato tecnico l’opera si è inevitabile trasformata. Elementi personali sono infatti stati aggiunti all’opera originale, la Guernica di Picasso. Questi sono logicamente ed emotivamente connessi tra loro tramite prolungamenti assoniformi (mezzo di connessione fra neuroni) come se fossero idee, che appaiono sulla tela mano a mano che il processo di reinterpretazione della Guernica si fa strada nella mente dell’artista. Posti nella parte superiore del quadro, stanno a simboleggiare il flusso di coscienza secondario che ha l’artista nel riprodurre l’iconica opera che invece si trova nella parte inferiore del quadro. Possiamo percepire infatti un pensiero parallelo riprodotto, quasi subconsciamente, sulla parte superiore sequenzialmente a quella inferiore.
La farfalla, ad esempio, elemento apparentemente distante e slegato da tutti gli altri, è in realtà strettamente legata a uno dei soggetti di Picasso: il bambino che, in braccio alla madre, si trova nell’angolo in basso a sinistra del quadro. Come il bambino nato in periodo di guerra infatti, la farfalla, animale che notoriamente vive un solo giorno, si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato, ovvero, su un dipinto di guerra. Adagiata su uno strato di goccioline di vernice, simboleggianti la pioggia, l’artista la intrappola inoltre sotto uno strato gesso rendendo anche lei una vittima inerme dello spazio e del tempo.
Foto e testi di Edoardo Ralph, Anastasia Ralph e Alberto Bracalente